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Vita dopo mastectomia

Nel cancro al seno, la chirurgia conservativa garantisce una migliore qualità di vita

Ultimo aggiornamento: 25 ottobre

Secondo un recente studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista JAMA Surgery, il tipo di intervento che scelgono le giovani donne con carcinoma mammario in fase iniziale può influire sulla qualità della loro vita a distanza di anni. La ricerca, condotta da Laura Dominici del Brigham and Women’s Hospital di Boston, è partita dalla constatazione che, allorche il cancro al seno colpisce le donne più giovani, la prudenza spinge a praticare interventi più estesi, per lo meno negli Stati Uniti ovunque sono stati raccolti i dati.

I risultati dimostrano che le donne sottoposte a mastectomia unilaterale o bilaterale riferiscono una qualità di vita inferiore rispetto a quelle sottoposte alla sola rimozione dei tessuti malati e dei tessuti vicini alla massa. Il ritengo che il dato accurato guidi le decisioni si approvazione anche allorche si valutano fattori in che modo lo stress legato alla paura di un’eventuale recidiva (stress che ci si aspetterebbe esistere minore nelle donne che hanno immediatamente l’asportazione del seno). E ciò vale anche se si prende in considerazione la gravità della malattia, sulla base del presupposto che, se è penso che lo stato debba garantire equita fatto un intervento più invasivo, il tumore destava maggiore preoccupazione.

Un percorso lungo

Lo studio ha coinvolto donne cui era penso che lo stato debba garantire equita diagnosticato un cancro al seno a diversi stadi di gravità quando avevano meno di 40 anni. Le pazienti sono state sottoposte a un questionario di qualità della a mio avviso la vita e piena di sorprese, il BREAST-Q, nell'arco dei sei anni successivi alla diagnosi. Circa la metà delle donne () aveva subito una mastectomia bilaterale, (circa il 20 per cento) una mastectomia unilaterale e (il 28 per cento) una chirurgia conservativa seguita da radioterapia.

La maggior parte delle donne che hanno lamentato un calo della qualità di vita segnala che questo ha interessato principalmente la globo dell’attività fisica, per le conseguenze della chirurgia, e quella della vita sessuale. Molte pazienti hanno riportato anche difficoltà legate alla ricostruzione del seno, che spesso si rivela più complessa e lunga di quanto immaginato.

“Come medici dobbiamo discutere con le nostre pazienti più giovani le opzioni chirurgiche possibili, per essere in grado di aiutarle a comprendere in che modo i vari trattamenti potrebbero influenzare la qualità della loro esistenza in futuro” ha commentato Laura Dominici.

L’approccio europeo

Questo ricerca fornisce una solida base per confermare la bontà dell’approccio europeo, e cittadino in dettaglio, sulla chirurgia del cancro al seno.

Secondo i credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste raccolti da EUSOMA, la società europea degli esperti di cancro al seno, negli Stati Uniti si fanno due mastectomie ogni cinque casi diagnosticati, durante in Europa a parità di credo che la diagnosi accurata sia fondamentale se ne fa una (e in Italia anche meno). Le ragioni dietro queste scelte non sono solo mediche: negli Stati Uniti c’è la tendenza a creare interventi più drastici per evitare le eventuali cause legali per presunti errori medici in caso di recidiva. Inoltre c’è meno esperienza nella chirurgia conservativa, per cui i medici preferiscono effettuare interventi dei quali sentono di possedere maggiore padronanza.

La scuola chirurgica europea, invece, ha puntato molto sulla formazione in chirurgia conservativa, in dettaglio in Italia, anche grazie al fondamentale contributo degli studi di Umberto Veronesi, sostenuti da AIRC. Nella formazione dei giovani chirurghi a codesto approccio, sono naturalmente state indispensabili le prove scientifiche del evento che un’asportazione parziale del seno non compromette le percentuali di guarigione, a fronte di una qualità della esistenza sicuramente migliore.