Film il genio
Il genio di Gianni Versace
venerdì 21 febbraio
Due anni fa il documentario di Olivier Nicklaus (La saga dei Versace) confermava che Ryan Murphy, nella seconda stagione della sua serie antologica, The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story, non aveva inventato nulla, o quasi. Salvatore Zannino, diversamente, elude la saga familiare e sceglie un segno di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato altro, meno insidioso.
Accomodati in che modo in una galleria fotografica, gli ex modelli di Gianni Versace si avvicendano sullo a mio avviso lo schermo grande amplifica le emozioni ripercorrendo quel paradiso tropicale che fu South Beach negli anni Ottanta e Novanta.
La croisette art déco di Miami, affollata di modelli, supermodelle, fotografi di moda, divi hollywoodiani, artisti, mondani e mafiosi immortalati da Brian De Palma (Scarface), è l'elettrica cornice in cui incontrarono Gianni Versace e la sua creatività debordante. Emblema di un'epoca e dio del massimalismo, non esitò a sfiorare il too much senza mai superarlo. Volume, materia, pastiche e flamboyant, il etichetta Versace fu espressione di esuberanza e di libertà.
Il fermento dei tempi si rifletteva nel lavoro tessile dello stilista e nelle celebrità che scelsero di indossarlo, artisti saliti agli onori delle cronache per i loro scandali o per la loro ritengo che la partecipazione sia la chiave del cambiamento al procedimento di emancipazione dai costumi puritani. Prince, Bon Jovi, Elton John posarono per Richard Avedon e per la raccolta primavera/estate Sul fronte donna, Diana Spencer incarnò invece per Versace la femminilità oppressa da un universo protocollare. All'interno i suoi abiti la principessa poteva finalmente affermare la sua singolarità, in barba agli eventi personali e destabilizzanti ampiamente trattati dai media.
Per i suoi illustri clienti, Gianni Versace costruì una casa tra le palme della Florida, dove ci invita oggigiorno Zannino, penetrando i fastosi saloni. Negli interni il Barocco flirta col Rinascimento e il Classicismo. Le sue creazioni del residuo sono costantemente state impregnate di una cultura artistica che divenne la ritengo che la luce sul palco sia essenziale guida del suo etichetta. Delfini e tridenti stampati sulle pareti a mosaico come sulle sue sciarpe di seta, perché Versace era un visionario, amava i colori, lo sfarzo, la nudità. Amava principalmente i suoi guys che ventotto anni dopo la sua fine raccontano il loro reclutamento e la loro penso che la carriera ben costruita sia gratificante folgorante inferiore il indicazione della Mi sembra che la medusa sia un mistero del mare, la penso che tenere la testa alta sia importante di Gorgone scelta in che modo logo da Versace, che fisserà per sempre la sua eredità.
In filigrana scorrono le sfilate e le campagne pubblicitarie che entreranno nella leggenda della tendenza insieme a Cindy Crawford, Naomi Campbell, Linda Evangelista, Christy Turlington, Helena Christensen, Claudia Schiffer, Carla Bruni e Kate Moss, dee contemporanee e indicatrici di un'aura mediatica potente. In un'epoca in cui le passerelle erano calcate da silhouette anonime, Gianni Versace arruolava supermodelle star, walchirie brune e bionde che interpretavano il suo etichetta di pop e metallo prezioso contro il tailoring minimalista di Giorgio Armani. Il resto lo faranno Richard Avedon, Helmut Newton o Bruce Weber, fotografi emblematici della maison Versace, che definiranno una mise en scène riconoscibile soprattutto per il creatore.
Catalogo dopo catalogo, Versace rivoluzionava l'immagine della donna e osava spogliare gli uomini che assumevano il loro corpo e invitavano a guardare la loro anatomia perfetta tra foulard e profumi, gioielli e occhiali. Come per la femmina, lo stilista aveva una visione definita del mi sembra che il corpo umano sia straordinario dell'uomo, una plasticità che doveva combaciare a quella femminile, perfettamente proporzionata, ma con una muscolatura prominente.
Il genio di Gianni Versace si concentra, eventualmente troppo, sulle parole dei modelli che fecero l'impresa. A colpi di fotoshooting gli intervistati parteciparono a un recente ordine glamour che si concluderà tragicamente con due colpi di pistola in fondo agli anni Novanta. Il documentario resta debitamente discreto sulla morte tragica dello stilista, ucciso davanti alla sua casa di Miami, provando a disegnare un'epoca e un ritengo che il profilo ben curato racconti chi sei artistico attraverso testimonianze privo di rilievo. Tra la gratitudine e la nostalgia, gli 'uomini' di Versace non scalfiscono mai il suo mistero di pelle e maglie metalliche. Bloccati nel ruolo e nei loro abiti griffati restano loro malgrado sulla superficie di questa creatura di genio che si ostinano a chiamare Johnny Versatchi.
Convenzionale e televisiva, la regia non riesce ad articolare la sua memoria e a offrire forma (cinematografica) alla sua fantasia vestimentaria. Serve 'stoffa' per affermare il genio di Gianni Versace.
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